lunedì 26 agosto 2019

Monologo #1


[entra in scena tra gli applausi del centinaio di persone presenti in sala. Barcolla vistosamente mentre avanza, resta in equilibrio reggendosi alla sedia che campeggia in mezzo al palco. Rimane lì, in piedi, una mano sullo schienale, con l’altra regge il microfono] Ed eccoci qua anche stanotte. Almeno io mi ci guadagno da vivere, se questa trappola si può chiamare vita, ma voi non avevate un cazzo di meglio da fare? Una bella e sana scopata no, eh? O anche malsana, che nella gloriosa era di tinder un herpes genitale non si nega più a nessuno. [fingendo di sussurrare, in modo da essere sentito] Razza di coglioni…
A guardarvi bene avete proprio la faccia di quelli che scopano un sabato sera al mese e devono guardarsi un video porno per farselo rizzare. O farsela lubrificare, a essere precisi e didascalici e politicamente corretti. Perché io ci credo veramente nelle pari opportunità. Ci credo, eccome. Ogni donna a portata d’uccello dovrebbe avere pari opportunità d’essere scopata. Ma non ci distraiamo. Vi ci vedo, tutti presi nella canonica scopata mensile, finalmente a portata di tiro una botta di vita che quando riemergete dall’eiaculazione dovreste correre ad accendere i fuochi d’artificio in giardino neanche fosse la festa patronale. [pausa di silenzio]
E nell’istante successivo, proprio mentre precipitate rabbrividendo a schiantarvi nella banchisa artica della depressione post coito, realizzate che gli attori nel video continuano a sbattersi allegramente mugolando in un bel frullatore di carne tonica e sudata che sobbalza. Perché durano più di tre minuti, loro. Li pagano per questo. Mai a sufficienza, va detto, ma almeno li pagano. Voi invece vi sconfortate gratis per tre minuti di cazzo ritto.
Oh, a scanso di equivoci, mica c’è qualcosa di male a scopare una volta al mese. Io, ad esempio, signore e signori, non mi vergogno di proclamare in questa sede, pubblicamente, che scopo una volta l’anno. [pausa di silenzio, guardando perplesso il pubblico. Poi si gratta l’inguine. Riprende a parlare con voce bassa, cavernosa]. Certo. Scopo vostra madre una volta l’anno. Vostra sorella, se siete orfani. O magari la vostra donna, se siete figli unici. O invece vostra moglie, se vi siete uniti nel sacro vincolo perché infoiati avete avuto la bella pensata di tentare la sorte, e nove mesi dopo si scopre che il tempismo nella ritirata non è proprio il vostro forte. [tornando al tono di voce abituale] Le nozze riparatorie. Ma sì, è un bel premio di consolazione, non è vero? Una fisiologica riproduzione assicura a voi poveri coglioni l’illusione di esservi allungati la scadenza mortale. Come se bastasse scrivere col pennarello una nuova data sul vasetto di yogurt già ammuffito in frigo. Intanto io ho vinto un terno al lotto e grazie alla vostra foga riproduttiva ora mi scopo una succulenta milf in piena depressione post-parto. Sono le mie preferite. Quando non affogano i figli in fasce se ne stanno lì catatoniche a farsi infilzare su per ogni pertugio. Adorabili.
[Una voce isolata protesta in modo incomprensibile. Un’altra voce femminile urla “vergognati] Mi sto burlando di voi, oh, non vi incazzate. [ride] Non dovete mai prendermi sul serio, sono un comico serio, io. E poi, dico, non scherziamo, figuratevi se scoperei mai quelle distopie viventi che vi hanno generato o con le quali copulate per impulso animale oppure per noia o per disperazione oppure perché ogni tanto dovete mettere in scena la vostra mesta rappresentazione di coppia normale.
Noi artisti, specie noi grandi artisti, mica siamo come voi. Non viviamo come voi. Noi ci accoppiamo solo con modelle anoressiche e ninfomani. Loro sì che sono pronte a qualsiasi acrobazia circense pur di avere la nostra mano provvidenziale a disposizione quando sono così strafatte da non riuscire più neppure a ficcarsi un dito in gola, e allora usano il mio, lo stesso dito che hanno appena conosciuto su per il buco del culo, un dito in gola ogni volta che pensano di aver mangiato un pop corn di troppo per la loro stitica dieta. Cioè due.
Come valida alternativa, mi scopo puttane da mille a botta quale minimo sindacale, e quello delle puttane con la coscienza di classe è l’unico sindacato che merita rispetto. Se il marxismo avesse affidato alle puttane anziché a quei crumiri della classe operaia il compito di fare un cazzo di rivoluzione a quest’ora vivremmo tutti in un favoloso parco giochi comunista. Una società di uguali, finalmente, in cui ciascuno si lascia scopare secondo le proprie capacità e scopa secondo i propri bisogni. Perché le puttane sanno bene cos’è il plusvalore. Riescono anche quantificarlo a menadito, visto che qualche volta se lo lavorano con la bocca, o se lo ritrovano ficcato direttamente su per il culo.
Se proprio sono alla frutta mi scopo attrici disperate a caccia d’ingaggi. Mi basta persuaderle che sono culo e camicia con un carissimo amico produttore che invece mi ha già bloccato da mesi sui social e se provo a telefonargli mi fa minacciare da un suo biscugino malavitoso. Solo perché ho vomitato nella sua vasca idromassaggio. Vero che c’era lui dentro. Con tre attricette cui stava facendo a turno dei provini subacquei di resistenza in apnea.
Però scoparsi un’attrice è un’esperienza senza prezzo. Ti modulano delle simulazioni d’orgasmo che sembrano una Meg Rayan di Harry ti presento Sally trafitta da un rabbit in modalità avanti tutta. E se non sapete cos’è il rabbit stasera, tornando a casa, invece di fare una carezza al vostro bambino e dirgli che è la carezza di uno strano personaggio con un cappello buffo in testa che ogni tanto parla col suo amico immaginario in cielo, ecco, stasera concedetevi una cosa buona e giusta. Andate su un sito di commercio di porcherie online invece di masturbarvi come al solito pensando a come potreste usarli, compratene uno e regalatelo alla vostra donna. Per una volta in un’esistenza sacrificata sull’altare della vostra nullità, donate un po’ di piacere terreno a quella poveretta. Vi bastano solo una carta di credito e quel trabiccolo magico. Assaporatevelo, quel momento. Quell’acquisto online sarà l’apice della vostra intera vita sessuale. E della sua.
Ma potete anche ficcarvelo su per il culo quel rabbit, se vi piace il genere. Sempre meglio il coniglietto vibrante di quelle zucchine che rimettete in frigo subito dopo per non farvi accorgere della vostra inclinazione retroversa e poi vi ritrovate lessate nel piatto il giorno dopo. E nel piatto dei vostri figli. E guardate i vostri figli mentre le mangiano. E se fanno i capricci perché le zucchine lesse fanno schifo a tutti i bambini sani di mente del mondo li prendete a schiaffi perché se le ficchino giù per la gola. Proprio come voi ve le siete infilate su per il culo la sera prima. Che poi se qualcuno vi avesse schiaffeggiato come fate con loro avreste goduto persino di più. E questo pensiero vi eccita pure un po’. Miserabili che siete. [ridendo] Finirete per starmi simpatici.
Voi non meritate nulla. Non meritate neppure me, che pure sono la merda più abietta della terra. Sono merda concentrata, innalzata al cubo, purissimo distillato di merda invecchiata in botti di rovere, sono la merda prodotta da una creatura che si nutre solo della merda di altre creature che mangiano esclusivamente merda. E potrei anche risalire lungo la catena alimentare della merda. Però mi fate tanta pena, perché credete di redimervi con l’amore. [con voce più acuta] Oh sì, innamoriamoci. Pensateci un po’, tutto sembra trasformarsi d’incanto in un mondo rose e fiori, giusto? Chi se ne fotte se sono rose e fiori di Chernobyl, deformi, geneticamente modificati. Commuovetevi con le canzoni melense che tutti cantano senza capire un cazzo di significato perché mica fate lo sforzo di connettere una sillaba con l’altra, diononvoglia vi sia tolto il diploma di specializzazione in analfabetismo di ritorno. Prendiamoci mano nella mano mentre guardandoci negli occhi ci facciamo un selfie al tramonto sul mare e trasformiamo la nostra vita nella brutta copia della sceneggiatura d’una cazzo di commedia romantica. Magari scritta da quattro sceneggiatori cocainomani che per pagarsi qualche dose hanno tradotto con google translate copioni coreani trovati su internet. E sapete cosa mangiano i coreani, vero? Rischiate di suggellare il vostro amore cucinando un innocente cagnolino in una cenetta romantica che ha come colonna sonora Gagnam style.
Quanti sono quelli innamorati qua dentro? [nessuno fiata in sala] Silenzio di tomba. Non abbiate timore, ho forse la faccia di uno che di diverte a insolentire il prossimo suo? Mai e poi mai, ci crediate o no. Neppure reagisco quando mi pestano, e succede spesso. Sono un tipo che prende sul serio il vangelo io. Porgo l’altra guancia. Sempre, quando sono dal barbiere.
Ma no, cari coglioni, state tranquilli. Ve le porgo io tante buone ragioni per non innamorarvi. Su, da bravi. Mi prendo cura io di voi, adesso, non abbiate timori. Non ho doppi fini. Ho solo doppi sensi. Nessuno più di me al mondo ha a cuore la vostra sopravvivenza serena per quanto miserabile in questa valle di lacrime travestita da società dei consumi. Chi cazzo è quel minorato che si compra il biglietto di questo spettacolo, affronta gelo e pioggia di una notte come questa per venire a farsi insolentire da una sottospecie di merda impasticcata come me. Andate preservati come i panda, voi. Vi imbocco io di germogli di bambù. O magari di funghi, quelli giusti. Chi se non una massa di panda sotto peyote caccerebbe fuori i soldi per la beneficenza con cui mantengo tante famiglie bisognose. Tutte quelle delle bagasce da mille a notte. Da non crederci. Hanno tutte, ma proprio tutte, almeno un figlioletto concepito quando erano ingenue e minorenni o ora lo devono mantenere tra gli stenti in un college svizzero. Dove è vittima di abusi sessuali praticati ogni giorno, esattamente alla stessa ora, con la precisione di un cronografo.
Dunque, proverò ad applicare la forza del ragionamento per contrastare la sovversione di pensiero generata da quei moti dell’animo stereotipati e irrazionali che chiamerò, scusatemi a volgarità, innamoramento.
Andiamo con ordine. Altruismo. Quando sei innamorato te ne fotti dei destini del mondo e di chi lo popola, dei bimbi che muoiono di fame e del pianeta destinato a bollirsi come un uovo sodo. E se smetti di interessartene proprio tu, tu che ti fingi occupato al cellulare per ignorare la mano tesa del mendicante in strada, chi li preserva dalla morte per inedia quei poveri bimbi con le mosche negli occhi? Chi lo salva il globo terraqueo lessato dall’anidride carbonica se non tu, tu che useresti l’acqua calda anche per lo scarico dello sciacquone e quella oligominerale per lavarti il culo, se solo potessi?
Di più: libidine. Quando sei innamorato sei talmente concentrato sull’oggetto del tuo sentimento che tutti gli altri possibili canalizzatori di desiderio ti paiono inconsistenti controfigure di quel corpo che solo ha valore per te. E così sai quante scopate facili ti giochi?
Ancora: dignità. Quando sei innamorato ti senti sovreccitato e nella mente ti si accendono lampadine intermittenti come un albero di natale epilettico e pensi che tutto sia possibile, persino che Babbo Natale esista davvero e ti abbia portato in dono il partner dei tuoi sogni. Ma babbo natale è come dio, esiste solo nelle menti dei ritardati e dei bambini, e solo fino all’età di dieci anni scarsi.
Per chiudere in bellezza. Sofferenza. Se sei innamorato finirai per ricoprire poco a poco l’oggetto del tuo scompenso emotivo con una tua nervatura sensibile. E’ come se l’avvolgessimo coi nostri sensi quelle carni adorate. E poi uno nell’abiezione di questa colonizzazione corporea si trova come un’autentica testa di minchia ad accampare pretese sul suo utilizzo. Si sogna di avere diritto o peggio ancora dovere di esercitare controllo, possesso. E badate bene, seguitemi nel ragionamento, ammasso di panda coglioni strafatti di mescalina. Non si tratta di un gioco di potere, ma di un pietoso tentativo di salvezza. Perché vero è che le sofferenze di quel corpo venerato diventano anche le nostre, e se soffre sprofondiamo nel suo stesso dolore. Ma non vale l’opposto. Al contrario, il piacere di quelle membra che amiamo può trasformarsi nella nostra pena più intima e lancinante, se non siamo noi a generarlo. Il suo godimento provocato da altre mani o bocche o lingue o cazzi è una profanazione che subiamo con uno spasmo che parte dallo stomaco e poi trapassa al cuore. E’ un’intrusione come quella di un ladro nella nostra casa, e l’allarme doloroso vibra all’unisono in tutti quei nostri filamenti nervosi e risale fino alla nostra anima, e scopriamo di averla proprio nel momento in cui vorremmo solo disincarnarci e liberarcene per non sentire più nulla. Non abbiamo dato il nostro consenso a quel tocco, quella bocca, quel cazzo non li vogliamo su di noi, dentro di noi, fanno male, ci fanno torcere in uno strazio di immagini di desolata pornografia amatoriale in testa. Chiamatela gelosia, o come cazzo vi pare. E’ solo il dolore di uno stupro immateriale.



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