[entra in scena tra gli applausi del
centinaio di persone presenti in sala. Barcolla
vistosamente mentre avanza, resta in equilibrio
reggendosi alla sedia che campeggia in mezzo al palco. Rimane lì, in
piedi, una mano sullo schienale, con
l’altra regge il microfono] Ed eccoci qua anche
stanotte. Almeno io mi ci guadagno da vivere, se questa trappola si
può chiamare vita, ma voi non avevate un cazzo di meglio da fare?
Una bella e sana scopata no, eh? O anche malsana, che nella gloriosa
era di tinder un herpes genitale non si nega più a nessuno.
[fingendo di sussurrare, in modo da essere sentito] Razza di
coglioni…
A guardarvi bene avete proprio la faccia
di quelli che scopano un sabato sera al mese e devono guardarsi un
video porno per farselo rizzare. O farsela lubrificare, a essere
precisi e didascalici e politicamente corretti. Perché io ci credo
veramente nelle pari opportunità. Ci credo, eccome. Ogni donna a
portata d’uccello dovrebbe avere pari opportunità d’essere
scopata. Ma non ci distraiamo. Vi ci vedo, tutti presi nella canonica
scopata mensile, finalmente a portata di tiro una botta di vita che
quando riemergete dall’eiaculazione dovreste correre ad accendere i
fuochi d’artificio in giardino neanche fosse la festa patronale.
[pausa di silenzio]
E nell’istante successivo, proprio
mentre precipitate rabbrividendo a schiantarvi nella banchisa artica
della depressione post coito, realizzate che gli attori nel video
continuano a sbattersi allegramente mugolando in un bel frullatore di
carne tonica e sudata che sobbalza. Perché durano più di tre
minuti, loro. Li pagano per questo. Mai a sufficienza, va detto, ma
almeno li pagano. Voi invece vi sconfortate gratis per tre minuti di
cazzo ritto.
Oh, a scanso di equivoci, mica c’è
qualcosa di male a scopare una volta al mese. Io, ad esempio, signore
e signori, non mi vergogno di proclamare in questa sede,
pubblicamente, che scopo una volta l’anno. [pausa di
silenzio, guardando perplesso il pubblico. Poi
si gratta l’inguine. Riprende a parlare
con voce bassa, cavernosa]. Certo. Scopo vostra madre una
volta l’anno. Vostra sorella, se siete orfani. O magari la vostra
donna, se siete figli unici. O invece vostra moglie, se vi siete
uniti nel sacro vincolo perché infoiati avete avuto la bella pensata
di tentare la sorte, e nove mesi dopo si scopre che il tempismo nella
ritirata non è proprio il vostro forte. [tornando al tono di voce
abituale] Le nozze riparatorie. Ma sì, è un bel premio di
consolazione, non è vero? Una fisiologica riproduzione assicura a
voi poveri coglioni l’illusione di esservi allungati la scadenza
mortale. Come se bastasse scrivere col pennarello una nuova data sul
vasetto di yogurt già ammuffito in frigo. Intanto io ho vinto un
terno al lotto e grazie alla vostra foga riproduttiva ora mi scopo
una succulenta milf in piena depressione post-parto. Sono le mie
preferite. Quando non affogano i figli in fasce se ne stanno lì
catatoniche a farsi infilzare su per ogni pertugio. Adorabili.
[Una voce isolata protesta in
modo incomprensibile. Un’altra voce
femminile urla “vergognati”] Mi
sto burlando di voi, oh, non vi incazzate. [ride] Non dovete
mai prendermi sul serio, sono un comico serio, io. E poi, dico, non
scherziamo, figuratevi se scoperei mai quelle distopie viventi che vi
hanno generato o con le quali copulate per impulso animale oppure per
noia o per disperazione oppure perché ogni tanto dovete mettere in
scena la vostra mesta rappresentazione di coppia normale.
Noi artisti, specie noi grandi artisti,
mica siamo come voi. Non viviamo come voi. Noi ci accoppiamo solo con
modelle anoressiche e ninfomani. Loro sì che sono pronte a qualsiasi
acrobazia circense pur di avere la nostra mano provvidenziale a
disposizione quando sono così strafatte da non riuscire più neppure
a ficcarsi un dito in gola, e allora usano il mio, lo stesso dito che
hanno appena conosciuto su per il buco del culo, un dito in gola ogni
volta che pensano di aver mangiato un pop corn di troppo per la loro
stitica dieta. Cioè due.
Come valida alternativa, mi scopo puttane
da mille a botta quale minimo sindacale, e quello delle puttane con
la coscienza di classe è l’unico sindacato che merita rispetto. Se
il marxismo avesse affidato alle puttane anziché a quei crumiri
della classe operaia il compito di fare un cazzo di rivoluzione a
quest’ora vivremmo tutti in un favoloso parco giochi comunista. Una
società di uguali, finalmente, in cui ciascuno si lascia scopare
secondo le proprie capacità e scopa secondo i propri bisogni. Perché
le puttane sanno bene cos’è il plusvalore. Riescono anche
quantificarlo a menadito, visto che qualche volta se lo lavorano con
la bocca, o se lo ritrovano ficcato direttamente su per il culo.
Se proprio sono alla frutta mi scopo
attrici disperate a caccia d’ingaggi. Mi basta persuaderle che sono
culo e camicia con un carissimo amico produttore che invece mi ha già
bloccato da mesi sui social e se provo a telefonargli mi fa
minacciare da un suo biscugino malavitoso. Solo perché ho vomitato
nella sua vasca idromassaggio. Vero che c’era lui dentro. Con tre
attricette cui stava facendo a turno dei provini subacquei di
resistenza in apnea.
Però scoparsi un’attrice è
un’esperienza senza prezzo. Ti modulano delle simulazioni d’orgasmo
che sembrano una Meg Rayan di Harry
ti presento Sally trafitta da un rabbit in modalità
avanti tutta. E se non sapete cos’è il rabbit stasera, tornando a
casa, invece di fare una carezza al vostro bambino e dirgli che è la
carezza di uno strano personaggio con un cappello buffo in testa che
ogni tanto parla col suo amico immaginario in cielo, ecco, stasera
concedetevi una cosa buona e giusta. Andate su un sito di commercio
di porcherie online invece di masturbarvi come al solito pensando a
come potreste usarli, compratene uno e regalatelo alla vostra donna.
Per una volta in un’esistenza sacrificata sull’altare della
vostra nullità, donate un po’ di piacere terreno a quella
poveretta. Vi bastano solo una carta di credito e quel trabiccolo
magico. Assaporatevelo, quel momento. Quell’acquisto online sarà
l’apice della vostra intera vita sessuale. E della sua.
Ma potete anche ficcarvelo su per il culo
quel rabbit, se vi piace il genere. Sempre meglio il coniglietto
vibrante di quelle zucchine che rimettete in frigo subito dopo per
non farvi accorgere della vostra inclinazione retroversa e poi vi
ritrovate lessate nel piatto il giorno dopo. E nel piatto dei vostri
figli. E guardate i vostri figli mentre le mangiano. E se fanno i
capricci perché le zucchine lesse fanno schifo a tutti i bambini
sani di mente del mondo li prendete a schiaffi perché se le ficchino
giù per la gola. Proprio come voi ve le siete infilate su per il
culo la sera prima. Che poi se qualcuno vi avesse schiaffeggiato come
fate con loro avreste goduto persino di più. E questo pensiero vi
eccita pure un po’. Miserabili che siete. [ridendo] Finirete
per starmi simpatici.
Voi non meritate nulla. Non meritate
neppure me, che pure sono la merda più abietta della terra. Sono
merda concentrata, innalzata al cubo, purissimo distillato di merda
invecchiata in botti di rovere, sono la merda prodotta da una
creatura che si nutre solo della merda di altre creature che mangiano
esclusivamente merda. E potrei anche risalire lungo la catena
alimentare della merda. Però mi fate tanta pena, perché credete di
redimervi con l’amore. [con voce più acuta]
Oh sì, innamoriamoci. Pensateci un po’, tutto sembra trasformarsi
d’incanto in un mondo rose e fiori, giusto? Chi se ne fotte se sono
rose e fiori di Chernobyl, deformi, geneticamente modificati.
Commuovetevi con le canzoni melense che tutti cantano senza capire un
cazzo di significato perché mica fate lo sforzo di connettere una
sillaba con l’altra, diononvoglia vi sia tolto il diploma di
specializzazione in analfabetismo di ritorno. Prendiamoci mano nella
mano mentre guardandoci negli occhi ci facciamo un selfie al tramonto
sul mare e trasformiamo la nostra vita nella brutta copia della
sceneggiatura d’una cazzo di commedia romantica. Magari scritta da
quattro sceneggiatori cocainomani che per pagarsi qualche dose hanno
tradotto con google translate copioni coreani trovati su internet. E
sapete cosa mangiano i coreani, vero? Rischiate di suggellare il
vostro amore cucinando un innocente cagnolino in una cenetta
romantica che ha come colonna sonora Gagnam style.
Quanti sono quelli innamorati qua dentro?
[nessuno fiata in sala] Silenzio di tomba. Non abbiate timore,
ho forse la faccia di uno che di diverte a insolentire il prossimo
suo? Mai e poi mai, ci crediate o no. Neppure reagisco quando mi
pestano, e succede spesso. Sono un tipo che prende sul serio il
vangelo io. Porgo l’altra guancia. Sempre, quando sono dal
barbiere.
Ma no, cari coglioni, state tranquilli.
Ve le porgo io tante buone ragioni per non innamorarvi. Su, da bravi.
Mi prendo cura io di voi, adesso, non abbiate timori. Non ho doppi
fini. Ho solo doppi sensi. Nessuno più di me al mondo ha a cuore la
vostra sopravvivenza serena per quanto miserabile in questa valle di
lacrime travestita da società dei consumi. Chi cazzo è quel
minorato che si compra il biglietto di questo spettacolo, affronta
gelo e pioggia di una notte come questa per venire a farsi
insolentire da una sottospecie di merda impasticcata come me. Andate
preservati come i panda, voi. Vi imbocco io di germogli di bambù. O
magari di funghi, quelli giusti. Chi se non una massa di panda sotto
peyote caccerebbe fuori i soldi per la beneficenza con cui mantengo
tante famiglie bisognose. Tutte quelle delle bagasce da mille a
notte. Da non crederci. Hanno tutte, ma proprio tutte, almeno un
figlioletto concepito quando erano ingenue e minorenni o ora lo
devono mantenere tra gli stenti in un college svizzero. Dove è
vittima di abusi sessuali praticati ogni giorno, esattamente alla
stessa ora, con la precisione di un cronografo.
Dunque, proverò ad applicare la forza
del ragionamento per contrastare la sovversione di pensiero generata
da quei moti dell’animo stereotipati e irrazionali che chiamerò,
scusatemi a volgarità, innamoramento.
Andiamo con ordine. Altruismo. Quando sei
innamorato te ne fotti dei destini del mondo e di chi lo popola, dei
bimbi che muoiono di fame e del pianeta destinato a bollirsi come un
uovo sodo. E se smetti di interessartene proprio tu, tu che ti fingi
occupato al cellulare per ignorare la mano tesa del mendicante in
strada, chi li preserva dalla morte per inedia quei poveri bimbi con
le mosche negli occhi? Chi lo salva il globo terraqueo lessato
dall’anidride carbonica se non tu, tu che useresti l’acqua calda
anche per lo scarico dello sciacquone e quella oligominerale per
lavarti il culo, se solo potessi?
Di più: libidine. Quando sei innamorato
sei talmente concentrato sull’oggetto del tuo sentimento che tutti
gli altri possibili canalizzatori di desiderio ti paiono
inconsistenti controfigure di quel corpo che solo ha valore per te. E
così sai quante scopate facili ti giochi?
Ancora: dignità. Quando sei innamorato
ti senti sovreccitato e nella mente ti si accendono lampadine
intermittenti come un albero di natale epilettico e pensi che tutto
sia possibile, persino che Babbo Natale esista davvero e ti abbia
portato in dono il partner dei tuoi sogni. Ma babbo natale è come
dio, esiste solo nelle menti dei ritardati e dei bambini, e solo fino
all’età di dieci anni scarsi.
Per chiudere in bellezza. Sofferenza. Se
sei innamorato finirai per ricoprire poco a poco l’oggetto del tuo
scompenso emotivo con una tua nervatura sensibile. E’ come se
l’avvolgessimo coi nostri sensi quelle carni adorate. E poi uno
nell’abiezione di questa colonizzazione corporea si trova come
un’autentica testa di minchia ad accampare pretese sul suo
utilizzo. Si sogna di avere diritto o peggio ancora dovere di
esercitare controllo, possesso. E badate bene, seguitemi nel
ragionamento, ammasso di panda coglioni strafatti di mescalina. Non
si tratta di un gioco di potere, ma di un pietoso tentativo di
salvezza. Perché vero è che le sofferenze di quel corpo venerato
diventano anche le nostre, e se soffre sprofondiamo nel suo stesso
dolore. Ma non vale l’opposto. Al contrario, il piacere di quelle
membra che amiamo può trasformarsi nella nostra pena più intima e
lancinante, se non siamo noi a generarlo. Il suo godimento provocato
da altre mani o bocche o lingue o cazzi è una profanazione che
subiamo con uno spasmo che parte dallo stomaco e poi trapassa al
cuore. E’ un’intrusione come quella di un ladro nella nostra
casa, e l’allarme doloroso vibra all’unisono in tutti quei nostri
filamenti nervosi e risale fino alla nostra anima, e scopriamo di
averla proprio nel momento in cui vorremmo solo disincarnarci e
liberarcene per non sentire più nulla. Non abbiamo dato il nostro
consenso a quel tocco, quella bocca, quel cazzo non li vogliamo su di
noi, dentro di noi, fanno male, ci fanno torcere in uno strazio di
immagini di desolata pornografia amatoriale in testa. Chiamatela
gelosia, o come cazzo vi pare. E’ solo il dolore di uno stupro
immateriale.
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