Il pene ha molte pene
ma tre sono supreme.
Per cause freudiane
la prima pena è il pane
a forma di baguette
intera, mica a fette,
ma anche sfilatino
sfornato ogni mattino
data la forma fallica
lo stesso metro applica
alla propria misura
si sente miniatura
in foggia molle o dura
diametro o estensione
di qui la delusione
che a esso si conviene
ossia invidia del pene.
Seconda pena è il verso
che il pene di traverso
assume ciondolando
nel suo piccolo mondo
(di solito mutanda)
dove la testa affonda
con la sua austera flemma
di lì nasce il dilemma
dalla valenza estetica
ma anche un po’ politica:
poiché rifuggì il centro
temendo uno scontro
va a destra o a sinistra?
Una scelta maldestra
e il pene è rovinato
a vita condannato
a spenzolare inerte
con le palle conserte
per tutta un’esistenza
di scomoda pendenza
in quel senso sbagliato
per cui in modo avventato
un giorno s’è schierato.
La terza pena è forse
quella che più concorse
a dare sofferenza
al pene in astinenza
è smania interiore
sentirsi superiore
a qualsivoglia pene
dalle fattezze umane
di ogni aspetto o peso
integro o circonciso
ponendo il suo sigillo
in ogni buco o ugello
del quale abbia sentore
(n’è sintomo un gonfiore)
foro od orifizio
sospeso ogni giudizio
giuridico o morale
indifferente al male
persegue quel disegno
ma se ne sente indegno
si teme cosa gretta
triste proboscidetta
del resto in quell'invaso
del resto in quell'invaso
non vive alcun riposo
è inetto a ogni pertugio
è inetto a ogni pertugio
dove non v’è rifugio
ma frenesia ulteriore
di darsi più da fare
troppi son quegli anfratti
altri peni più adatti
in quel gioco snervante
si sa già soccombente
che poi a pensarci bene
questo ha capito il pene
da dolente carenza
deriva l’impazienza
ficcarsi quale ossesso
in qualsiasi recesso
ma quel vuoto introflesso
di cui brama il possesso
non alberga nel sesso
bensì dentro se stesso.
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